17 Aprile 2025

Giovedì santo, la lavanda dei piedi «nel solco di Gesù»

Gesù sa di essere il sacrificio che salva, ma senza perdere la mitezza e la pacatezza dell’agnello. È questo il significato nuovo che il Signore aggiunge alla simbolica dell’agnello, centrale non solo nella Pasqua cristiana ma, letteralmente, anche in quella ebraica. A spiegarlo dal pulpito del duomo di Vigevano è il vescovo Maurizio Gervasoni, chiamato a celebrare la messa del Giovedì santo con il suo momento più topico, quello della lavanda dei piedi. La stessa che fece Gesù ai suoi discepoli e che quest’anno monsignor Gervasoni ha riservato a un gruppo di giovani ragazzi e ragazze, dando seguito a un altro dei messaggi del Messia, «Chi accoglie un bambino accoglie me».

L’AGNELLO «Gesù vive la sua ultima cena avendo nel cuore la cena pasquale ebraica, dove al centro della rappresentazione c’era l’agnello»: l’animale da cui il popolo di Israele ha tratto sia le carni da consumare durante la cena e sia il sangue che, tracciando il segno sullo stipite della porta, ha salvato i primogeniti ebrei dal passaggio dell’angelo sterminatore. «L’agnello si affida a chi lo ha accudito e poi ucciso: quella di Pasqua non è una cena, ma un sacrificio, perché il suo sangue determina la vita degli uni e la morte degli altri. È mansueto, ma senza saperlo fa una cosa importantissima». Gesù, spiega il Vescovo, riprende questo elemento «in maniera molto forte» e lo fa suo: perchè lui, al contrario del cucciolo di pecora o capra, sa cosa gli succederà. «Sa benissimo cosa scegliere, e lo sceglie per quello, come sceglie la pacatezza» prosegue Gervasoni. Anche con il gesto che fa lui, maestro, nel lavare i piedi ai suoi discepoli: «Lui è maestro, lui comanda: nel modo dell’agnello».

SALVEZZA D’altra parte il Cristo, come dirà successivamente a Pilato, non è re di questo mondo. «Non voglio che muoiano per me, perché sono io che muoio per loro» cita il Vescovo, che prosegue nuovamente con un parallelo con la Pasqua ebraica e con la parola di Dio al suo popolo eletto: «Tu non ti salvi da solo, sono io che salvo te». E allo stesso modo «Gesù non è venuto per giudicare, ma per salvare». E nel mantenere la tenerezza dell’agnello, Gesù la trasforma in un atto voluto, non subito. «Lui – conclude Gervasoni – dà la vita perchè la potenza di Dio si manifesti come vita e non come morte».

  1. Alessio Facciolo
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