10 Aprile 2025

La processione di Azione cattolica, Consulta diocesana delle aggregazioni laicali, Ufficio liturgico e Comune di Vigevano, per la Via Crucis

«Pellegrini di speranza»: la Via Crucis per le strade

Un altro corteo, nove giorni dopo quello degli studenti che chiedevano più sicurezza per le strade, anima il centro storico di Vigevano.

L’ALTRO CORTEO É la processione – più silenziosa, questa volta, ma altrettanto partecipata, con circa 300 persone – organizzata dall’Azione cattolica, dalla Consulta diocesana delle aggregazioni laicali, dall’Ufficio liturgico e dal Comune, per la Via Crucis serale di mercoledì 9 aprile. La sicurezza, quella che nasce dalla fede in Dio, non viene invocata a gran voce: è dentro ai cuori. Solo il fruscio dei passi si sente sulla ghiaia nel cortile del castello visconteo, dove poco prima delle 21 fervono i preparativi: chi porta il crocifisso, chi gli altoparlanti, chi distribuisce i libretti e le fiaccole, tra scout, volontari, polizia locale e alpini mobilitati per il servizio d’ordine. Al microfono la voce calda di Marco Clerici per intonare canti e antifone, più alcuni lettori (tra cui Reda Furlano e Matteo Loria) che si alternano per brani dalle sacre scritture. A ogni stazione un canto, una lettura e alcune preghiere con le invocazioni «Rendici pellegrini di speranza, Signore» e «Cristo nostra speranza, salvaci».

LA SPERANZA La speranza, proprio lei, tema centrale del Giubileo di quest’anno: è quella che muove i passi incerti di un’anziana signora appoggiata a una stampella. Non mancano i giovani, soprattutto ragazze, soprattutto scout. Uno di loro regge sulla pancia un bambino assicurato a un’imbracatura. In testa al corteo, accanto al vescovo Maurizio Gervasoni, al parroco del Duomo don Cesare Silva e a padre Sergio Mainoldi della Chiesa ortodossa, c’è anche il sindaco Marzia Segù con la fascia tricolore. Le stazioni della Via Crucis si susseguono nel massimo raccoglimento, rotto solo dagli annaffiatoi automatici che a un certo punto si mettono a spruzzare acqua sul prato del castello, bagnando alcuni pellegrini.

Pellegrini di speranza, che quindi non si perdono d’animo

e si inoltrano prima nel passaggio coperto che conduce in Cavallerizza, e poi nella strada sotterranea che all’imbocco si stringe per passare sotto un ponticello dalle grate in ferro che traballano, e li accoglie come nelle catacombe dei primi cristiani, tra le torce infuocate che illuminano le antiche mura di pietra.

via crucis castello
La processione in Castello

COME I PRIMI CRISTIANI Sotto l’arco di via XX Settembre tutti fanno silenzio fino a quando il corteo, su un percorso inverso rispetto a quello degli studenti che avevano sfilato la settimana precedente, raggiunge la cattedrale. Tutti in fila, in silenzio, per entrare dal portone di destra, mentre in piazza Ducale alcuni ragazzini schiamazzano. Dentro, dopo la quattordicesima e ultima stazione davanti alla cappella di san Carlo, l’assemblea prende posto ai banchi per ascoltare il Vescovo, il quale dà la parola a padre Mainoldi, dato che quest’anno la Pasqua cade nello stesso giorno per tutte le comunità cristiane. «Siamo la nuova Gerusalemme – spiega il sacerdote ortodosso dall’ambone dell’altare maggiore – e abbiamo ripercorso le strade del Signore condannato, ma questa volta vediamo i passi della salvezza. “Oggi è appeso al legno – recita il tropario del venerdì santo – colui che ha appeso la terra sulle acque”. La croce diventa strumento di salvezza, e non c’è croce senza resurrezione. Cerchiamo la continua conversione e seguiamo l’invito di Cristo: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”».

via crucis duomo
Il Vescovo in Duomo

CROCE E SALVEZZA A monsignor Gervasoni, dal centro dell’altare, il compito di concludere: «Abbiamo ripercorso un gesto simbolico che ricorda il Giubileo: siamo pellegrini di speranza che accompagnano Gesù a Gerusalemme. Questa sera abbiamo recitato due formule per capire che il dolore in tutte le sue forme fa vacillare la fede, la speranza e la carità. “Cristo nostra speranza, salvaci” ci ricorda quante volte il patire abbia suscitato in noi il desiderio di vendetta e di violenza. La violenza anche domestica, quella di chi ha la nostra fiducia e dovrebbe proteggerci e amarci. Fare il bene non ci porta necessariamente il bene. Il nostro è il grido del peccatore, e di chi incontra il male. Poi c’è l’altra formula: “Rendici pellegrini di speranza, Signore”. La speranza e l’amore, che ci vengono donati nella Pasqua». Dopo il canto finale, “Maria, tu che hai atteso nel silenzio”, l’assemblea si scioglie e si riversa fuori, sul sagrato, dove si formano piccoli gruppi per scambiarsi le impressioni della serata. I ragazzini hanno smesso di fare schiamazzi, forse hanno capito la serietà della processione. Una processione da cui ognuno torna a casa con una certezza nel cuore: siamo pellegrini di speranza.

Davide Zardo

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