A partire dalla riflessione sulla colpa, il vescovo Gervasoni continua… affrontando il mistero del perdono, che non è né terapia, né giustizia, né correzione. Il perdono è un atto di grazia che non si può meritare né pretendere: si può solo invocare e accogliere. Mentre siamo abituati a pensare la colpa come un errore da riparare, il perdono sposta lo sguardo dalla colpa alla persona, alla sua libertà ferita, ma sempre capace di bene.
PERDONO DI GRAZIA Dio non si limita a rimettere ordine, ma dona nuova vita. Il peccatore non viene semplicemente scusato, ma riconosciuto nella sua dignità di figlio, capace di orientarsi di nuovo all’amore. Gesù non è venuto per condannare, ma per guarire: è questo lo stile di Dio, che non elimina il peccato con un colpo di spugna, ma lo attraversa con la misericordia. Il cuore del perdono sta nel pentimento, che non nasce da un senso di colpa sterile, ma da un dolore che apre alla speranza. Il pentimento vero non cerca giustificazioni, ma riconosce il male compiuto, l’inganno della libertà che ha voluto il male pur conoscendo il bene. È un movimento dell’anima che nasce dentro, come la vergogna, e diventa preghiera. Si chiede perdono perché si sa di non poterlo esigere. È un atto di fede nel Dio che salva, non una punizione da infliggersi. Il cristiano sa che il perdono viene da Cristo, morto e risorto, che ha preso su di sé la colpa del mondo. Perciò il pentimento non è un’impresa personale, ma una risposta alla grazia, un “sì” all’amore ostinato di Dio che non si arrende mai.
Questo perdono non ci rimette semplicemente in carreggiata, ma cambia l’orientamento del cuore: ci chiama a una vita nuova, di fede e di penitenza.
DIMENSIONE COMUNTIARIA Allo stesso tempo il perdono non è mai solo personale: ha una dimensione comunitaria profonda. Nella Pasqua di Cristo, Dio raduna l’umanità in un’unica comunione: la Chiesa. La salvezza cristiana è sempre un fatto di relazione. Non si è salvati da soli. Nella Chiesa, il perdono ricevuto diventa visibile e credibile. Per questo il sacramento della riconciliazione è pubblico, anche se celebrato nel segreto: il perdono riconcilia con Dio e con la comunità. Il peccato infatti rompe i legami; il perdono li ricuce e rigenera la fraternità. Il segno sacramentale, la confessione, non è una formalità, ma il luogo in cui si sperimenta la misericordia di Dio attraverso la mediazione della Chiesa. La comunità non è solo spettatrice, ma parte viva del cammino penitenziale. Lì si fa festa per chi torna, lì si rende visibile l’amore che perdona. La vita nuova che nasce dal perdono non è chiusa in sé, ma si apre alla speranza e alla testimonianza. È vita ecclesiale, liturgica e missionaria. Nella Chiesa dei perdonati si costruisce il mondo nuovo, dove la libertà, ferita ma amata, torna ad amare.
don Carlo Cattaneo